Una scoperta rivoluzionaria potrebbe cambiare il futuro della diagnosi precoce dell’Alzheimer, la forma più comune di demenza al mondo. Un team internazionale di scienziati ha individuato un nuovo biomarcatore nel sangue, chiamato beta-sinucleina (β-sinucleina), in grado di segnalare lo sviluppo della malattia fino a 11 anni prima della comparsa dei sintomi cognitivi.

Questo risultato apre scenari promettenti per milioni di persone, in particolare coloro che sono geneticamente predisposti, e rappresenta un passo avanti fondamentale nella prevenzione e trattamento dell’Alzheimer.

La proteina nel sangue che svela l’Alzheimer prima della memoria perduta

La β-sinucleina è una proteina localizzata nelle sinapsi, ovvero le connessioni tra neuroni che permettono la trasmissione degli impulsi nervosi. Quando il cervello inizia a degenerare, queste connessioni si deteriorano e rilasciano la proteina nel flusso sanguigno. Misurandone i livelli, è possibile identificare i primi segni biologici della malattia ben prima che si manifestino sintomi evidenti come perdita di memoria, difficoltà linguistiche o cambiamenti del comportamento.

I ricercatori, guidati dal prof. Markus Otto dell’Università Martin Lutero di Halle-Wittenberg (Germania), hanno osservato che questa proteina inizia ad aumentare nel sangue molto prima del declino cognitivo, segnando l’avvio della neurodegenerazione sinaptica.

Uno studio internazionale: analizzati pazienti con e senza sintomi

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Alzheimer’s & Dementia, ha coinvolto 178 partecipanti suddivisi in tre gruppi:

  • Persone sane senza mutazioni genetiche legate all’Alzheimer
  • Individui portatori di mutazioni genetiche ma asintomatici
  • Pazienti con Alzheimer già sintomatico

L’analisi ha dimostrato che i livelli di β-sinucleina seguono una traiettoria progressiva: più alti nei pazienti con demenza, medi nei portatori silenti, e bassi nei soggetti sani. Questo andamento suggerisce che il biomarcatore possa predire l’avanzare della malattia ben prima che si sviluppino i segnali clinici.

Inoltre, la proteina tende ad aumentare subito dopo la deposizione della beta-amiloide, la sostanza nota per formare le placche nel cervello dei pazienti con Alzheimer, e prima dell’atrofia cerebrale e della perdita cognitiva.

La possibilità di rilevare precocemente l’Alzheimer attraverso un semplice esame del sangue potrebbe cambiare radicalmente la strategia terapeutica. Farmaci innovativi come Donanemab, ad esempio, hanno mostrato efficacia nel rallentare la progressione della malattia se somministrati nelle fasi iniziali, con una riduzione del declino cognitivo fino al 35%.

Grazie al monitoraggio della β-sinucleina, sarà possibile intervenire prima, migliorando la qualità della vita del paziente e rallentando l’evoluzione della demenza.

Verso una nuova era della prevenzione dell’Alzheimer

Secondo il prof. Otto, nei soggetti geneticamente predisposti è anche possibile stimare l’età di insorgenza della malattia basandosi sull’età in cui si sono manifestati i primi sintomi nei familiari affetti. Questo approccio potrebbe aiutare medici e pazienti a pianificare in anticipo eventuali terapie e strategie di prevenzione.

Un’altra ricerca, condotta in Cina, ha evidenziato che altri biomarcatori come la beta-amiloide 42 possono essere rilevati fino a 18 anni prima dell’esordio clinico, ma richiedono un prelievo del liquido cerebrospinale. La β-sinucleina nel sangue, invece, offre un’alternativa meno invasiva e più accessibile.

L’identificazione precoce dell’Alzheimer attraverso la β-sinucleina rappresenta una svolta scientifica e clinica. Non solo potrebbe salvare tempo prezioso nella diagnosi, ma permetterebbe anche di personalizzare le cure e ritardare l’avanzamento della malattia.

Con l’avanzamento delle ricerche, potremmo presto assistere all’introduzione di screening ematici di routine per la demenza, offrendo nuove speranze a milioni di famiglie.

Fontefanpage.it

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