Una scoperta tutta italiana potrebbe rivoluzionare il trattamento di malattie come Alzheimer, SLA, Parkinson e le distrofie muscolari. I ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Pontedera hanno sviluppato una nanotecnologia innovativa che riattiva le cellule danneggiate attraverso stimoli termici controllati dalla luce.
Come funziona la nanotecnologia che riattiva le cellule con la luce
Al posto dei tradizionali farmaci chimici, il team guidato da Gianni Ciofani, del Center for Materials Interfaces, utilizza nanoparticelle di polidopamina. Queste particelle agiscono come interruttori biofisici, attivando cellule “spente” con un lieve riscaldamento indotto dalla luce nel vicino infrarosso, senza modificare geneticamente il DNA cellulare.
“Al contrario dei farmaci, il nostro approccio è biofisico e non dipende dalla risposta biochimica individuale,” spiega Ciofani. “Questo ci permette di superare la variabilità tra pazienti e di agire in modo più mirato e sicuro.”
La luce infrarossa stimola il rilascio di neurotrasmettitori come l’acetilcolina nelle cellule neuronali e provoca contrazioni muscolari controllate attivando i meccanismi interni delle fibre muscolari.
Perché la polidopamina è un materiale rivoluzionario
Rispetto ad altri materiali usati in nanotecnologia (come oro o metalli pesanti), la polidopamina è completamente biodegradabile e biocompatibile. Derivata dalla dopamina, una sostanza naturalmente presente nel corpo umano, non si accumula nei tessuti e non provoca tossicità a lungo termine.
Sebbene lo studio sia ancora in fase sperimentale, le potenziali applicazioni sono molteplici:
- Distrofie muscolari: Le nanoparticelle possono stimolare la contrazione delle fibre in caso di debolezza muscolare.
- Alzheimer e SLA: La luce riattiva i neuroni che non rispondono più in modo spontaneo, migliorando la comunicazione tra cellule.
- Neuroprotezione: Le particelle hanno anche un effetto antiossidante, proteggendo le cellule sane dallo stress ossidativo, una delle cause principali delle malattie neurodegenerative.
Dai test in laboratorio alla clinica: il futuro della terapia fotonica
La tecnologia è stata testata su cellule muscolari murine e neuroni umani in vitro, nonché su moscerini della frutta modificati geneticamente. I risultati sono stati pubblicati su ACS Nano, una delle riviste scientifiche più autorevoli nel campo delle nanotecnologie.
Prossimo passo: testare la piattaforma su modelli animali complessi, come i roditori, e collaborare con altri gruppi dell’IIT per integrare fibre ottiche che portino la luce direttamente agli organi interni.
“L’obiettivo finale è arrivare a una terapia clinica non invasiva e creare una spin-off per trasferire la tecnologia dal laboratorio all’ospedale,” conclude Ciofani.
Fonte: Il Sole 24 Ore
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