Farfalla appoggiata ad un ramo. Effetto farfalla

«Un battito d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un uragano in Texas». Con queste esatte parole, il fisico Edward Lorents, introdusse per la prima volta il concetto di “Effetto Farfalla”, in un suo articolo del 1972. Egli dimostrò come i sistemi complessi – che si caratterizzano per il gran numero di elementi che interagiscono tra di loro – tendano ad essere sottoposti ad un comportamento caotico. Per comprenderli, quindi, bisogna conoscere lo stato di tutti gli elementi da cui sono composti, dal momento che anche una piccola alterazione potrebbe avere grandi ripercussioni sull’intero sistema.

Le applicazioni dell’Effetto Farfalla sono molteplici: dalla meteorologia, all’economia animale, dalla psicologia alla fisica, dalla finanza fino alla medicina. Proprio in riferimento a quest’ultimo campo, ben presto sono amentati gli interrogativi riguardo ad uno degli organi più complessi del nostro corpo: il cervello. Anche in questo caso un battito d’ali di una farfalla può provocare effetti nell’interno ecosistema? È proprio questo il quesito che si è posto un gruppo di scienziati dell’Università di Londra.

L’ESPERIMENTO DELL’EFFETTO FARFALLA

Il nostro cervello, nonostante abbia un’enorme capacità di elaborazione, tende ad essere “instabile”, anche a causa dei molteplici compiti in contemporanea che è in grado di eseguire. Per dimostrare questa instabilità, i ricercatori dell’University College di Londra hanno deciso di introdurre una “perturbazione” all’interno del cervello, un equivalente naturale di un battito d’ali di farfalla. La domanda che si sono posti è: la perturbazione crescerà fino a interessare l’intero cervello – dimostrandone l’instabilità – o si spegnerà?

La perturbazione di cui si parla nello studio altro non è che un singolo impulso elettrico introdotto all’interno di un neurone di origine animale. I ricercatori hanno immediatamente notato come questo abbia influenzato milioni di altri neuroni nel giro di pochi secondi. Infatti, quel singolo impulso ha dato il via ad altri impulsi nelle vicinanze che, a loro volta hanno determinato ulteriori picchi,

Questo comportamento indica come i circuiti cerebrali del nostro cervello siano molto instabili nel caso in cui venga introdotto un “rumore” esterno. Per essere in grado di eseguire compiti straordinariamente complessi con una velocità superiore ai più potenti computer, il cervello dovrebbe adottare una strategia particolare: considerare l’attività dei gruppi di neuroni e ignorare la variabilità individuale – intesa come il disturbo prodotto da ciascuno di essi.

L’ingente rumorosità del cervello è il prezzo che questo deve pagare per l’elevata connettività esistente fra i neuroni. Se a ciò si aggiungono le distrazioni esterne, appare chiaro come il nostro cervello tenda, in certe occasioni, ad essere instabile.

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