Ambienti naturali che aiuta a combattere il parkinson

La malattia di Parkinson è stata scoperta e descritta per la prima volta da James Parkinson nel 1817. Egli l’ha definita come una sindrome caratterizzata da rigidità muscolare che si manifesta, principalmente, con tremori che insorgono durante lo stadio di riposo. A questo sintomo principale, poi, si aggiungono disturbi dell’equilibrio, andatura impacciata, depressione e lentezza nel parlare.

Anche se l’eziologia della malattia non è del tutto chiara, l’ipotesi più accreditata è che l’origine dipenda sia da fattori genetici che ambientali. Nel primo campo rientra l’ereditarietà, mentre nel secondo le lesioni cerebrali, l’esposizione a sostanze tossiche e le cattive abitudini alimentari. Alcuni studi suggeriscono come ulteriore causa dello sviluppo della malattia anche patologie infettive come encefaliti.

Anche se non si conosce ancora una cura, è stato dimostrato, dai ricercatori di una decina di università anglo-americane, come l’esposizione ad ambienti naturali – fiumi, foreste, parchi, e alberi – possa aiutare a ridurre il rischio di ospedalizzazione.

LO STUDIO SUGLI AMBIENTI NATURALI: SCOPERTE E PROSPETTIVE FUTURE

Fra gennaio del 2000 e dicembre del 2016 sono stati osservati oltre 122mila soggetti con diagnosi di Parkinson e demenza. L’età, all’inizio dello studio, era compresa tra i 65 e i 74 anni. Il genere, invece, era abbastanza equo con un 55% di donne e un 45% di uomini. Il loro percorso di malattia è stato analizzato in base agli ambienti naturali dell’area di residenza. In particolare, è stato utilizzato l’indice NDVI – Normalized Difference Vegetation Index – che valuta la percentuale di parchi e di spazio blu in relazione alla densità di popolazione in un miglio quadrato di territorio.

Alla fine dell’osservazione è stata riscontrata, per i malati di Parkinson, una riduzione dei ricoveri ospedalieri nei residenti nelle aree con più vegetazione e acqua. Poca differenza, invece, è stata registrata per quanto riguarda i malati di demenza. Un grande cambio di rotta, quindi, che contrasta le ipotesi secondo cui i fattori ambientali siano protettivi anche per le malattie neurodegenerative.

Ma perché vi è una riduzione dell’ospedalizzazione? Principalmente perché gli ambienti naturali riducono lo stress e aumentano la voglia di attività fisica e di interazioni sociali, oltre ad avere un’azione terapeutica. Inoltre, vi è una ridotta esposizione all’inquinamento, al caldo e al rumore, tutti fattori di rischio per il Parkinson. Infine, sono stati registrati effetti positivi anche sulla mente, dal momento che è stata registrata una riduzione della depressione.

Sebbene lo studio non abbia preso in considerazione anche lo stile di vita dei pazienti, la scoperta è sorprendente, spingendo sempre di più i rappresentanti politici a prendere in seria considerazione la necessità di interventi di protezione degli ambienti naturali.

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