Scarpette di Barbie su sfondo rosa

Da quando lo scorso 20 luglio è stato distribuito in tutte le sale cinematografiche il live-action di Barbie, la barbie-mania è tornata di moda. Capsule collection in suo onore, case di Airbnb rosa, panini nei fast-food con gadget della bambola e make-up glitterato.

Ma Barbie ha fatto il suo ingresso anche nel mondo della medicina e, più precisamente, nella branca della neuropsicologia. La terapia della bambola – la doll therapy – è una pratica molto utilizzata per alleviare i sintomi della demenza in quanto funge da “oggetto transazionale”, un ancora in un momento di insicurezza. Se prima del 20 luglio le bambole utilizzate erano per lo più di pezza, adesso sempre più realtà si stanno avvicinando al mondo di Barbie. Questo è quello che è successo, ad esempio, nella Rsa San Raffaele di Campi Salentina.

IL BARBIE – ESPERIMENTO

Ad un gruppo di malati di Alzheimer nella Rsa in provincia di Lecce è stata affidata, a loro scelta, una Barbie con cui giocare. Non è stato imposto loro nessun limite: dovevano sentirsi liberi di portarle in ogni luogo e utilizzarle come meglio credevano. Unico obbligo: divertirsi!

La reazione dei pazienti, dopo già solo una settimana di utilizzo, è stata sorprendente. Irene Paturno, educatrice professionale della residenza, ha notato immediatamente un comportamento importante. Le pazienti che l’hanno scelta, infatti, avevano senza dubbio un trascorso passato positivo con la bambola più famosa al mondo. Non è quindi un caso che abbiano iniziato a rapportarsi come se non avessero mai smesso di farlo, improvvisando acconciature, cambi d’abito e dialoghi forse mai davvero dimenticati.

Proprio questo contatto visivo e corporeo, la manipolazione tattile e i dialoghi, hanno stimolato i processi cognitivi e la memoria. Sono inoltre migliorati il rilassamento, i processi emozionali e diminuiti i disturbi comportamentali del sonno, dell’irritabilità e della depressione.

Ma l’icona delle bambole ha fatto molto di più. È riuscita ad eliminare il senso di apatia dal volto dei pazienti, solitamente poco collaborativi alle terapie manuali. Questo tutto grazie alla fantasia che ha sprigionato nei loro pensieri.

Nella Rsa San Raffaele la magia del film di Greta Gerwig è diventata ancora più una realtà quando una delle ospiti, all’affermazione di un’educatrice “ma quanto sei bella”, ha risposto “ma certo, lo so”, riprendendo la famosa scena in cui Barbie lo dice ad un’anziana signora alla fermata del pullman.

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