Il coinvolgimento dei neuroni dopaminergici nella malattia di Parkinson è ormai appurato. La morte progressiva di questi neuroni nel mesencefalo causa i sintomi motori tipici di questa malattia. Essa si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello si abbassa in maniera significativa.

Ciò che impedisce lo sviluppo di terapie volte alla guarigione delle malattie neurodegenerative è la mancata comprensione dei loro meccanismi di fondo. Le limitate conoscenze a riguardo hanno portato a pensare che la mancata produzione di dopamina sopraggiungesse con la morte dei neuroni dopaminergici.

E se tutto partisse dalle sinapsi dei neuroni dopaminergici?

Uno studio condotto dai ricercatori della Northwestern University ha messo in discussione la convinzione comune in merito al meccanismo scatenante della patologia.

Dallo studio sui neuroni dopaminergici del mesencefalo di alcuni pazienti è emerso infatti che la neurodegenerazione non è il primo evento responsabile del deficit di produzione di dopamina. In diverse forme genetiche della malattia di Parkinson, prima della morte dei neuroni dopaminergici le sinapsi diventano disfunzionali, dando luogo a deficit di dopamina.

Questa scoperta sposta quindi il focus più a monte. Sapere cosa accade nel passaggio precedente apre la strada a nuove ricerche per lo sviluppo di futuri trattamenti terapeutici. Infatti, porre l’attenzione sulla disfunzione sinaptica invece che sul fattore della degenerazione neuronale, potrebbe rappresentare una migliore strategia terapeutica.

Parkin: il gene che controlla (anche) il rilascio di dopamina

La disfunzionalità delle sinapsi è stata scoperta grazie alla storia di due sorelle, nate entrambe senza il gene PINK1, mentre una delle due anche con una perdita parziale del gene Parkin. Mutazioni in entrambe le copie di PINK1 o Parkin conducono allo sviluppo del Parkinson.

Tuttavia, la sorella con il problema del gene Parkin è andata incontro al Parkinson più di trent’anni prima rispetto all’altra. Poiché era noto che la sola perdita parziale del gene Parkin non avrebbe causato la malattia, in questo caso non avrebbe dovuto accelerarne la comparsa. In altre parole, le sorelle avrebbero dovuto sviluppare il Parkinson più o meno alla stessa età.

A partire da questa incongruenza, gli scienziati hanno scoperto che il gene Parkin non solo collabora con il PINK1 nel processo di riciclaggio o rimozione dei mitocondri vecchi o affaticati (mitofagia), ma controlla anche il rilascio di dopamina nel terminale sinaptico. I neuroni di pazienti affetti da Parkinson con mutazione nel gene Parkin mostrano un riciclo difettoso delle vescicole sinaptiche, con conseguente accumulo di dopamina ossidata tossica. Pertanto, anche una parziale perdita del gene Parkin dà origine alla disfunzione sinaptica.

Con questa scoperta, l’obiettivo diventa lo sviluppo di farmaci che potenzino Parkin e che correggano la disfunzione sinaptica, nell’ottica di prevenire la degenerazione neuronale.

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