I caregivers sono un segmento di popolazione in crescita. Oggi, nonostante siano stati fatti molti passi avanti, questa categoria di persone stenta ad ottenere un riconoscimento ufficiale da parte dell’opinione pubblica. E soprattutto della legge italiana.

CHI SONO I CAREGIVERS?

Il termine, di derivazione inglese, significa “colui che dà/fornisce cure”. Ovvero una persona che si occupa di accudire un familiare anziano, disabile o affetto da patologie croniche.

Eurocarers, un’associazione non governativa incentrata sulla figura del caregiver, ci fornisce una definizione completa di questa figura:

“colui che si prende cura, a titolo non professionale e gratuito, di una persona cara affetta da malattia cronica, disabile o con un qualsiasi altro bisogno di assistenza a lungo termine”.

Il caregiver si trova di fronte ad un impegno quotidiano e costante. I compiti che si assume variano da caso a caso, ma in generale prevedono la somministrazione di farmaci e l’accompagnamento a visite specialistiche. Oltre a ciò: la cura dell’igiene personale, la realizzazione dei pasti e l’assistenza nel consumo.

Essere un caregiver non è una scelta, ma una necessità. Spesso, coloro che si ritrovano in questa situazione sono costretti a rinunciare al proprio lavoro, per mancanza di tempo. Anche la sfera sociale ed emotiva ne risente. Il carico psicologico è pesante. A tal punto che non è raro che lo stress si tramuti in vere e proprie forme di depressione.

I DATI DELL’ISTAT

I dati dell’Istat del 2018, fotografano la situazione del nostro paese. Sono 8 milioni e mezzo, oltre il 17% della popolazione, le persone che in Italia si prendono cura di chi ha bisogno di assistenza. Di queste, solo 900 mila lo fanno per mestiere, rientrando nella categoria dei badanti. I restanti sono persone che assistono un familiare: figlio, coniuge, convivente, genitore, fratello o sorella.

Per la maggior parte hanno tra i 45 e i 64 anni e sono in prevalenza donne. Per la maggior parte non occupate e con un livello di scolarizzazione medio-basso.

In una ricerca condotta sui caregiver dei malati di Alzheimer, è emerso che il caregiver svolge mediamente 4,4 ore di assistenza diretta e 10,8 ore di sorveglianza, con importanti conseguenze sulla salute fisica e psicologica.

IL PROBLEMA LEGISLATIVO IN ITALIA

Il problema più grande che i caregivers affrontano in Italia è quello del riconoscimento. Infatti, attualmente, vengono tutelati solo dalla Legge 104/1992. La legge concede 3 giorni di permesso al mese o congedo straordinario per i casi più gravi e comprende la pensione anticipata. Tuttavia, non è sufficiente per agevolare la vita quotidiana di questa categoria di persone.

Nel 2018, con la Legge di Bilancio n.205, è stato istituito un Fondo per i caregivers, dando per la prima volta una definizione e stabilendone i confini. Nel 2021, il fondo è stato rimpolpato con 90 milioni per il triennio 2021-2023. Una cifra irrisoria se si pensa ai milioni di persone che possono avere necessità di un intervento da parte dello stato per sostenere costi elevati.

A parte questo timido approccio, manca una legge specifica per il riconoscimento della figura del caregiver familiare. Dal 2016 ad oggi, sono stati presentati in Parlamento ben 6 diversi disegni di legge. In particolare, nell’agosto 2019, è stato depositato in Senato il DDL 1461. Firmato da Simona Nocerino (M5S), contiene 11 articoli che mirano alla definizione dei diritti e doveri del caregivers.

UN ESEMPIO POSITIVO: L’EMILIA ROMAGNA

Rispetto alla situazione degli altri paesi europei, l’Italia si pone in una posizione di arretratezza. Tuttavia, esiste un esempio positivo. Nel 2014, l’Emilia Romagna è stata la prima regione a dotarsi di una legge ad hoc. Intitolata “Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare”, che istituisce fra l’altro la Giornata del caregiver l’ultimo sabato di maggio. La legge sta servendo da modello per le altre regioni che si stanno attivando per adottare provvedimenti similari.

https://www.istat.it/it/archivio/anziani

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