La riabilitazione nella malattia di Parkinson sta vivendo una vera e propria rivoluzione. Accanto ai percorsi fisioterapici tradizionali, oggi si stanno affermando nuovi strumenti tecnologici capaci di rendere l’esperienza riabilitativa più efficace, coinvolgente e personalizzata.

Alla Fondazione Don Gnocchi, due importanti studi stanno esplorando l’uso di realtà virtuale e robotica per supportare i pazienti sia dal punto di vista motorio che cognitivo. I primi risultati sono promettenti e fanno ben sperare per il futuro della cura.

Una nuova frontiera nella riabilitazione

La riabilitazione motoria e cognitiva è una parte fondamentale nella gestione della malattia di Parkinson. Non solo aiuta a rallentare la progressione dei sintomi, ma può anche contribuire a ridurre l’uso dei farmaci, migliorando il benessere complessivo del paziente.

Negli ultimi anni, la ricerca ha puntato l’attenzione su strumenti alternativi e più stimolanti rispetto ai metodi classici. È qui che entrano in gioco la realtà virtuale (VR) e i cosiddetti robot collaborativi, o cobot: dispositivi che interagiscono attivamente con il paziente, adattandosi ai suoi bisogni.

Gli studi per la nuova riabilitazione per il Parkinson 

Uno degli studi in corso, chiamato Virtread-PD, si è svolto a Firenze ed è stato finanziato dalla Cassa di Risparmio di Firenze. Il progetto ha coinvolto 42 pazienti, divisi in due gruppi: uno ha seguito la riabilitazione su tapis roulant con realtà virtuale aumentata, l’altro con il tapis roulant tradizionale.

La differenza? I pazienti nel primo gruppo camminavano guardando uno schermo che simulava scenari realistici – come passeggiate in un bosco o in una città – con ostacoli da superare e oggetti da toccare.

«Grazie a questo sistema, la riabilitazione diventa meno noiosa e più coinvolgente», racconta la professoressa Francesca Cecchi, responsabile della ricerca. «I risultati hanno mostrato miglioramenti importanti non solo nella qualità del cammino, ma anche nell’equilibrio e nelle funzioni cognitive come attenzione e linguaggio».

Il secondo studio, chiamato Opera, si sta svolgendo presso i centri Don Gnocchi di Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino) e Firenze. L’obiettivo è sviluppare una piattaforma robotica integrata per la riabilitazione cognitiva e motoria di persone con Parkinson e lievi deficit cognitivi.

Questa piattaforma utilizza la realtà virtuale unita a TIAGo, un robot capace di:

  • Interagire con il paziente durante gli esercizi
  • Raccogliere dati grazie a sensori indossabili
  • Adattare l’intensità della riabilitazione in tempo reale
  • Fornire feedback visivi e vocali per motivare e guidare

«Con questo sistema, il paziente riceve un trattamento altamente personalizzato», spiega Anna Estraneo, coordinatrice dello studio. «E l’esperienza risulta anche più piacevole: sembra quasi un gioco, ma è una terapia vera e propria».

Cosa ne pensano pazienti e familiari?

Durante la Giornata Nazionale del Parkinson 2024, i ricercatori hanno raccolto le opinioni di pazienti, caregiver e operatori sanitari. Il feedback è stato in gran parte positivo:

  • Il 60% ha trovato queste tecnologie facili da usare
  • Il 40% le considera sicure
  • Molti le vedono come un’opportunità per recuperare autonomia nella vita quotidiana

Tuttavia, è emersa anche una difficoltà: la logistica. I trattamenti sono intensivi e non tutti i pazienti riescono a frequentare con costanza, soprattutto se devono farsi accompagnare.

Prossimi passi

Lo studio Opera è ancora in fase iniziale: per ora coinvolge 10 pazienti, ma l’obiettivo è avviare un progetto multicentrico più ampio. Parallelamente, la Fondazione Don Gnocchi sta portando avanti due progetti di ricerca – Minerva e Sandy – per identificare biomarcatori della malattia di Parkinson nella saliva.

Questi marcatori biologici potrebbero, in futuro, aiutare nella diagnosi precoce e nel monitoraggio dell’evoluzione della malattia, insieme a dati genetici e clinici.

L’uso di strumenti come la realtà virtuale e la robotica cooperativa rappresenta un’importante evoluzione nella riabilitazione del Parkinson. Non si tratta solo di innovazione tecnologica, ma di un cambiamento di prospettiva: terapie più personalizzate, meno noiose, più efficaci e capaci di rispondere ai bisogni reali delle persone.

La ricerca prosegue, ma una cosa è certa: il futuro della cura del Parkinson sarà sempre più integrato tra scienza, tecnologia e umanità.

 

FonteCorriere.it

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